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29 gennaio 2025-incontro con gli Alunni della scuola primaria TiKva Amal, di Zibido San Giacomo, classi 4 E, 4F, 5E, 5F.

Presenti: la dirigente Prof.ssa Antonella Lacapra, prof.ssa Ref. Cristina Oneta, e altri professori;…anche il professore Daniele appena an-dato in pensione, la vicesindaco dott. Anita Temellini, la dott. Clara Soffientini, responsabile del settore servizio al cittadino.
– Conduco l’incontro sulla “ Memoria e Legalità”, per contribuire a costruire il futuro, con il maresciallo Rodolfo Spinozzi, Ct della stazione Carabinieri di Binasco e Stefano Mattacchini, rappresentante dell’associazione LIBERA.
– Guidata dalle domande che i ragazzini avevano formulato durante la fase di preparazione all’incontro e che la professoressa che mi aveva inoltrato, ho raccontato di Giuseppe come una favola.. sono così giovani… con la speranza che loro possano raccontarla ad altri…e da adulti, anche ai loro figli.
Ho stimolato i ragazzini seduti a terra, all’interno di una grandissi-ma palestra, disposti a semicerchio uno accanto all’altro in più file, ad immaginare di essere in una terra bellissima, la Sicilia, in un piccolo paese e una casa a 200 m dal mare.
Lì Giuseppe, trascorreva le sue vacanze, nel periodo estivo, con la famiglia che si era formata… la moglie e due bambini, Salvatore e Vincen-zo,… nella casa paterna, insieme ai fratelli e le sorelle, anche loro sposati con figli che, una volta all’anno, ritornavano in quella casa al mare per stare insieme.
La nostra famiglia era costituita dai nostri genitori e sette figli, quattro femmine e tre maschi… Giuseppe era il quinto di questa fami-glia numerosa, io la sesta.
Quasi tutti, per motivi di lavoro, avevamo dovuto abbandonare la no-stra terra e i nostri genitori… però si ritornava tutti ad abitare in quella casa, ogni estate.
Vivevamo come fossimo una comunità… tra noi regnava una grande armo-nia, eravamo spensierati, in grado di lasciarci alle spalle la tri-stezza per le distanze che ci separavano durante il resto dell’anno e che il telefono rendeva più tollerabile.
Anche quell’anno, -1983 – biglietti d’aereo già acquistati… il 17 giugno sarei ritornata al mare con il nostro bambino di cinque anni e mezzo e la nostra mamma che abitava con noi, da qualche anno, dopo la morte di nostro padre.
Ricordo che da circa un mese Giuseppe al telefono mi chiedeva di anti-cipare di una settimana il nostro ritorno in Sicilia… ero stupita e an-che infastidita, dovevo sostenere il primo esame di specialità in psichiatria. Ero ad oltre sei mesi di gravidanza e non era possibile spostare l’esame a settembre; purtroppo compresi troppo tardi il per-ché della sua insistenza, probabilmente voleva abbracciare mia madre e, forse, risparmiarmi quello che sarebbe successo quel 13 giugno del 1983.
La sera davanti alla televisione, in piedi, dopo aver messo a letto il nostro bambino che, improvvisamente, aveva mostrato un rialzo febbrile inspiegabile, ho il telecomando in mano che premo per continuare a vedere il film interrotto bruscamente, per occuparmi del bambino.
Davanti ai miei occhi l’immagine non era la scena del film interrotto… riverso, bocconi sul sedile posteriore di una macchina ,con la portie-ra aperta, il viso completamente distrutto e grondante di sangue di mio fratello Giuseppe.
Tra le domande dei ragazzini: quali fossero state le mie emozioni in quel momento. Ho risposto loro che ero pietrificata, come se anch’io fossi morta in quell’istante! Le pietre non hanno emozioni.
E poi ero diventata una persona quasi scissa mentalmente …dovevo pensa-re a tante cose.. alla creatura che aveva in grembo, a nostra madre e alla sofferenza che la notizia le avrebbe causato, (la verità la in-tuisce all’aeroporto a Palermo, il giorno dopo).
Continuo, forse per un meccanismo di difesa, a spostare altrove la mente…elidere l’atroce notizia… negarla.
Eravamo spensierati e felici; Giuseppe era il più scherzoso della fami-glia, a lui piaceva raccontare delle barzellette, cantare…aveva una bella voce… aveva anche il dono di sdrammatizzare.
Ecco, ho portato ragazzini a pensare che la nostra esistenza può essere sconvolta da eventi improvvisi, imprevedibili… un uragano che scom-piglia, distrugge… un tornado si era abbattuto sulla nostra famiglia e, come accade, dopo una tempesta devastante, ognuno di noi aveva cercato di raccogliere quello che era rimasto. Quella notte ho sentito il destino nemico.. essere nati in una terra bella e maledetta…ingannevole, dove la mafia trionfava…e 1.600km di distanza mi impe-divano di vedere, abbracciare per l’ultima volta Giuseppe.
Per lunghi anni ho odiato la nostra terra, dimenticando il benessere che provavo, quando vi facevo ritorno.
Seguono anni di dolore, di sgomento, smarrimento, vivevamo come sospesi.
Niente sarebbe stato più come prima… di quel periodo si è salvato e ci ha aiutati l’amore che ci legava…la solidarietà e l’affetto, valori che i nostri genitori ci avevano inculcato.
I ragazzi mi chiedono notizie su Giuseppe, sul motivo della sua morte e se i colpevoli sono stati condannati.
Giuseppe era un appuntato dei carabinieri che dal 1971 prestava ser-vizio, come autista degli ufficiali, presso la compagnia Carabinieri di Monreale, una cittadina sopra Palermo meta di turismo per il bel-lissimo Duomo, patrimonio dell’UNESCO.
Nel 1980 viene ucciso un Capitano della Compagnia di Monreale, Emanuele Basile, di ritorno da una cerimonia tarda ora, con la figlia Barbara di quattro anni che sonnecchiava sulla sua spalla, anche lei spensierata e felice e la giovane moglie accanto… tre killer gli spararono alle spalle uccidendolo e il suo corpo cadde su quello della bambina.
Giuseppe, autista, amico, collaboratore e facilitatore, in parte, del-le azioni investigative che il Capitano portava avanti nel territorio, per ostacolare l’attività mafiosa, prova tristezza e rabbia.
Successivamente, anche se impaurito per quello che sarebbe potuto acca-dergli, ebbe il coraggio di affiancare il nuovo Ct della Compagnia di Monreale, il giovane capitano Mario D’Aleo, 26 anni aiutandolo a ri-prendere le indagini del suo predecessore che procedono in modo piut-tosto spedito, grazie al prezioso aiuto di Giuseppe.
I ragazzi mi chiedendo di raccontare perché Giuseppe è stato ucciso.
Racconto l’episodio dell’incontro di Giuseppe in un luogo dove aveva notato un incontro tra mafiosi e che tra i presenti, uno gli aveva ordinato Giuseppe di tacere, sull’incontro stesso.
Può un Uomo in Divisa, Obbedire, sottostare al volere mafioso?
Giuseppe sa da che parte stare, è un Uomo dello Stato, quindi riferisce, in una relazione di servizio dell’incontro e della intimidazione…. la mafia lo ritenne infame e lo uccise con la lupara. Eppure i suoi Colleghi dicono che Giuseppe è“Morto per caso… con la lupara?”da questi indizi sono partite le mie ricerche nel cercare la verità.
Alla fine di un lunghissimo percorso, sono riuscita a leggere su un documento tutto quello che avevo ipotizzato, facendo luce sulla mor-te.
Grazie a questa verità, a Giuseppe, l’Arma dei Carabinieri tributa l’o-nore di essere ricordato presso la caserma Cernaia a Torino, dove il 28 febbraio 1965 aveva prestato giuramento, intitolandogli la sala ricrea-tiva.
Mostro il libro dove ho narrato tutta la vicenda e, sollecitata, ri-spondo ad un’altra domanda: perché la scelta del titolo “Albicocche e Sangue”.

Il maresciallo Rodolfo Spinozzi, risponde alle domande dei ragazzi, spiegando cosa significhi legalità, cosa si intende per mafia e chi sono i mafiosi, affermando che Lui consapevole del rischio, continua a svolgere il proprio lavoro e che, se fosse necessario, non esiterebbe a fare la stessa scelta dell’app. Bommarito.
Stefano Macchini nel suo intervento racconta come è nata l’associazione Libera… da parte di un prete, Don Luigi Ciotti per dare un nome e un cognome a tutti i morti vittime delle mafie e le organizzazioni criminali… Egli coglie il dolore della mamma di uno degli agenti di polizia Antonio Montinari, caduto nella strage di Capaci, che piangeva sgomenta chiedendo il motivo per cui gli agenti di polizia caduti, venivano no-minati : “ragazzi della scorta” come se non avessero un nome e un co-gnome!
Don Ciotti insieme a questa madre e ad altri fonda l’Associazione Libera, nomi e numeri contro le mafie di cui fanno parte numerose altre associazioni e da trent’anni, Il 21 marzo , in molte città italiane, viene dedicato alle Vittime delle mafie -1069- dove vengono letti i nome e cognomi delle Vittime …uomini, donne, bambini e bambine.

Quest’anno la giornata si svolgerà si svolgerà a Trapani e chiunque può partecipare.
Tutti noi riceviamo numerose altre domande alle quale rispondiamo.
ALLA FINE, SU UN TAVOLO, DISPONGO NUMEROSE FOTO DI GIUSEPPE DA VIVO…BAMBINO, RAGAZZINO ADULTO, CARABINIERE, MARITO, PADRE , FIGLIO E FRATELLO.
L’attenzione è stata altissima …a volte sembrava che i bambini tratte-nessero il fiato, sono commossi, mi stringono le mani, qualcuno mi ab-braccia, gli applausi scroscianti e durevoli.
Ci si lascia con l’invito a visitare la caserma di Binasco e a partecipare, se possibile, il 5 giugno 2025 a Milano, giorno in cui si celebra la Bandiera dell’Arma insignita della medaglia d’oro al valor militare per la partecipazione dei Carabinieri alla prima guerra mondiale, avvenuta il 5 giugno 1920.
Ricevo energia nuova per diffondere la storia di Giuseppe.

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