da www.antimafia2000.com
“Una morte su cui ancora purtroppo non abbiamo la totale verità dei fatti. Dopo 38 anni, ancora ci sono domande a cui non è stata data una risposta”. Queste sono state le parole di Francesca Bommarito, sorella dell’appuntato Giuseppe, trucidato barbaramente da Cosa Nostra il 13 giugno 1983 in Via Scobar a Balestrate (PA). Proprio in questo luogo domenica scorsa si è tenuta la commemorazione della morte del carabiniere, dove era presente tutta la famiglia, il sindaco e anche molti giovani. Informazione, cultura e arte sono stati gli strumenti che hanno permesso ai presenti di conoscere e vivere la vita, il lavoro e il sacrificio di Bommarito. È stata proprio la sorella a spiegare nel dettaglio gli avvenimenti che hanno preceduto la morte del fratello e le circostanze in cui si trovasse prima di finire nel mirino di Cosa Nostra, cercando di trasmettere il dolore provato nel vedere il corpo esanime di Giuseppe e dei suoi colleghi. L’ennesimo esempio di un uomo al servizio dello Stato che, giurando fedeltà alla divisa, ha sacrificato la sua giovane vita, da marito e da padre di famiglia, per combattere la criminalità organizzata radicata nel territorio siciliano.
La storia di Giuseppe Bommarito
Giuseppe Bommarito, nasce il 14 Luglio 1944 a Balestrate, un piccolo paese in provincia di Palermo. Quinto dei sette figli, proviene da una famiglia semplice, dalla quale apprende insegnamenti morali ed etici legati alla giustizia. Cresce con l’amore per la musica, ma anche per la natura e soprattutto impara a “non voltare la faccia dall’altra parte” quando si tratta di ingiustizie. Prima della maggiore età frequenta la scuola di avviamento professionale con ottimi voti, per poi emigrare al nord per lavoro, dove rimane per un periodo. Raggiunta la maggiore età torna a Palermo, e fa richiesta per entrare nell’arma dei Carabinieri, dove svolge il servizio obbligatorio prima di essere ammesso. Compiuti i 28 anni Giuseppe sposa la balestratese Girolama, da cui nascono i due figli, Salvatore e Vincenzo. Presta servizio nella caserma di Monreale, in una Compagnia Carabinieri operante in una zona ad alto indice di criminalità organizzata, pur consapevole dei gravi rischi a cui si sarebbe esposto. Con elevato senso del dovere svolgeva tenacemente un’opera di duro contrasto a Cosa Nostra, alla quale ovviamente il lavoro del carabiniere dava molto fastidio. Il 13 Giugno 1983 venne barbaramente trucidato in un proditorio agguato tesogli con ferocia efferata.
Con il coraggio di Giuseppe, la necessità di continuare a combattere la mafia
Giuseppe Bommarito, “un uomo che col suo coraggio, ha dato il suo prezioso contributo alla lotta contro le mafie”, ha detto Vito Rizzo, l’attuale Sindaco balestratese durante la commemorazione della scorsa domenica, ricordando ai presenti l’importanza di fare memoria su queste orribili vicende nel territorio e al di fuori di quest’ultimo. Un ricordo da tenere ben presente soprattutto alle nuove generazioni, ai bambini d’oggi che saranno gli uomini di domani. Più volte è stata ribadita la necessità di trasmettere nelle scuole e ai giovani il senso etico e morale, svelando il numero dei carabinieri che muoiono annualmente e che sono circa 500 e la necessità di fare memoria attraverso i vari eventi organizzati proprio dall’Associazione che porta il nome di Giuseppe, per formare una coscienza in grado di combattere la mafia e i suoi atti barbari ed ingiusti. Della famiglia è intervenuto anche il figlio del carabiniere, Salvatore Bommarito, che ha cercato di trasmettere la difficoltà provata dopo il trauma della morte del proprio papà, a riuscire ad “aprirsi” e a parlare di queste situazioni. Inoltre, ha continuato ringraziando tutta l’arma dei Carabinieri e in particolare tutte le vittime di mafia, soprattutto il Capitano D’Aleo, il Capitano Basile e il Carabiniere Morici: “È importante il ricordo di questi eroi, perché quando in quegli anni, la parola Mafia faceva paura, loro hanno saputo affrontarla, dando la vita per tutti noi”. Anche l’attuale Capitano della caserma dei Carabinieri di Balestrate, Andrea Quattrocchi, ha riportato il vero valore etico e morale della divisa, richiamando, con il proprio intervento, l’obbligo di dire NO alla mafia, denunciando tutte le violenze e morti che causa ogni giorno e ricordando il suo collega che contrastando la mafia ha sacrificato la sua vita per la giustizia.
Significative sono state proprio anche le parole e l’arte dei giovani. All’evento infatti, era presente anche il Movimento Our Voice che, attraverso il canto e la recitazione, è riuscita a trasmettere il valore e il coraggio di Giuseppe. “La criminalità organizzata, lo dico ai più piccoli di noi, è il primo tumore in grado di minare uno Stato basato su una Repubblica”, ha detto Jamil El Sadi, responsabile dell’ufficio stampa del movimento. La mafia ha sempre avuto la necessità del rapporto con la politica e con i colletti bianchi: intrecci di potere che Giuseppe Bommarito, come pochi altri, non ha avuto paura di affrontare. “Per noi i giovani sono i primi che devono portare avanti la lotta alla mafia, in questa terra piena di sangue ed ingiustizie”, sono state le parole della fondatrice e direttrice di Our Voice Sonia Bongiovanni, ribadendo l’importanza di seguire nella quotidianità l’esempio di quegli uomini e di quelle donne, che ci credevano e che credevano nell’onestà della nostra patria: “C’è ancora tanto lavoro da fare, ma tramite l’arte noi riusciremo a sconfiggere la mafia”.